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Non siamo scimmie che sanno imparare, siamo scimmie che hanno imparato a insegnare.

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  • Educazione e intelligenza

    A. La mia domanda era stupida Maestro?

    M.  Se una domanda è posta per capire, non può essere stupida. Sopratutto se cerca di capire cosa sia la stupidità, perchè gli stupidi non si chiedono mai se lo sono.

    A. Allora rilancio. Perchè la stupidità è un nemico dell’educazione?

    M. Non UN ma IL nemico dell’educazione

    A.  Questa precisazione apre un altro nugolo di domande che al momento lascereì lì ad aspettare. Quindi: perchè la stupidità è il nemico numero uno dell’educazione?

    M. Non è il numero uno, è l’unico

    A. Ok, va bene, perchè?

    M. Si tratta di capire che cosa la stupidità minaccia e rischia di annientare. Noi cosa stiamo facendo adesso? Stiamo cercando di capire. E tentare di capire che facoltà mette in gioco?

    A. L’intelligenza…?

    M. Esatto, l’intelligenza. E’ l’intelligenza ad essere costantemente aggredita dalla stupidità. Quindi la vera domanda ora è che alleanza c’è tra educazione e intelligenza, impegnate fianco a fianco in una lotta all’ultimo sangue con la stupidità che ne minaccia l’esistenza sin dalle loro origini.

    A. Quindi educazione e intelligenza hanno bisogno l’una dell’altra. E l’amore, le emozioni, le fragilità, i bisogni, i vissuti, il benessere, la felicità, non hanno bisogno dell’educazione?

    M. Mi sai dire una di queste cose che non abbia nulla a che fare con l’intelligenza?

  • Il vero nemico

    A. Maestro, l’educazione ha dei nemici?

    M. Cos’è un nemico?

    A, Qualcuno da combattere perchè ti vuole fare del male, sottrarti le  ricchezze, sottometterti, al limite annientarti. Non è così? Farei più fatica a dire cos’è un amico, ma mi sembra che descrivere un nemico sia più facile e immediato.

    M. Per questo fare la guerra è più facile che fare la pace. Se quindi ti è così agevole riconoscere un nemico, perchè mi chiedi se l’educazione ne ha?

    A, Lo so Maestro, ma se provo ad applicare all’educazione l’idea che ho di nemico, mi attorciglio. Se qualche malintenzionato volesse rubare all’educazione le sue ricchezze e ci riuscisse, non finirebbe coll’assomigliare sempre più alla sua vittima? E se la sottomettesse, non ne verrebbe profondamente contaminato? Che nemico è chi combattendoti, diventa come te?

    M. L’educazione sembra piuttosto furba…

    A. Ma chi può volerle male? Per esempio un’educazione tradizionale potrebbe volere del male a una più moderna, o una religiosa a una laica, ma sarebbe una guerra tra un tipo di educazione e un’altra. La risposta alla mia domanda quindi è che l’educazione è in preda a una guerra civile permanente tra parti di se stessa?

    M. Troppo facile e comodo. Non credi che se così fosse, a forza di arricchirsi reciprocamente combattendo, saremmo ora nel migliore dei mondi possibili? Certo, i vari tipi di educazione si incontrano e si scontrano permettendone l’evoluzione. Ma il suo vero nemico è un altro ed è esterno all’educazione stessa. Un nemico che può annichilirla, cancellarla dal mondo, dissolverla dall’umano, dissolvendo l’umano e il suo senso su questa Terra

    A. E quale sarebbe, Maestro, il nemico così terrificante in grado di distruggere l’educazione e noi tutti con lei?

    M. La stupidità

Homo docens

Ho postulato la singolarità della nostra specie nell’evoluzione delle strutture educative una trentina d’anni fa, nel ’97, un’ipotesi ancora attuale anzi urgente. A distanza di tre decenni, il mondo si è ribaltato ribaltando l’immagine che ne avevamo e sbattendoci in faccia le reazioni più scomposte al relativismo culturale che abbiamo sponsorizzato accoratamente.

Il bisogno di certezze, anche se locali, di valori indiscutibili, di appartenenze culturali segnate da confini, di piccoli mondi tra loro separati e in lotta per la propria Verità, è tornato con prepotenza. Il risultato è la ricerca spasmodica di nuovi poteri che permettano di affidarsi acriticamente o, all’opposto, la polverizzazione della cultura in miliardi di coscienze individuali ognuna occupata solo da se stessa, convinta di essere il metro di ogni cosa.

Eppure ciò che unisce ogni coscienza anarchica e ogni micro o macrocultura, è la comune appartenenza al genere Homo e all’inedito sul piano evolutivo binomio intelligenza-educazione. E il costume piuttosto diffuso di non gradire questa appartenenza, non toglie nulla al suo essere un dato di fatto: posso ripudiare sin che voglio il mio essere umano, ma non posso trasformarmi in un’antilope o in un castagno. Toccherà di restare un Homo Sapiens obtorto collo o anche pervaso da un forte disgusto.

C’è stata un’enormità evolutiva dal paleolitico a oggi, la più evidente è l’enormità del Mondo con il quale abbiamo a che fare e che ci fa smarrire, perdere la barra, sentire piccoli e impotenti. Ma è un abbaglio, non siamo nè più piccoli ne più impotenti dei nostri antenati appena scesi dagli alberi, facciamo esattamente ciò che facevano loro dando un senso a ciò che incontravano, costruendo, inventando, esplorando, organizzando, sviluppando e, naturalmente, anche distruggendo, disperdendo, uccidendo. E trasmettendo, in ogni caso, ciò che andavano imparando.

Non ci resta quindi che rispettare l’eredità di migliaia di generazioni che abbiamo alle spalle e sulle cui spalle giganteggiamo, continuando a fare ciò sappiamo fare: insegnare per presidiare l’evoluzione della nostra intelligenza, ovvero il dono più grande ricevuto dalla biosfera e che abbiamo la responsabilità di mantenere vivo. Una responsabilità che ci tocca tutti, uno per uno e senza sconti, perchè mantenere il senso dell’educare è compito imprescindibile di tutti, nessuno escluso.

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